Quella cosa chiamata Consapevolezza

Negli ultimi anni, se c’è una cosa che ha pienamente preso campo nella mia testa, è la parola consapevolezza. Che fosse una discussione di gruppo, una live con grandi fotografi, o la parte centrale di un libro, trovavo sempre questa conclusione come una skill fondamentale: uno stato di elevazione fotografica in cui trovare il senso di tutto.
Consapevolezza. In realtà non mi è ancora chiaro al 100% cosa racchiuda questo termine che contiene più di un significato. A volte, più ci penso e più il mio cervello scava nei modi in cui affronto la fotografia. Altre volte penso anche che non facendolo per lavoro, nemmeno sono arrivato a una piccola parte di quel viaggio.
Alla fine finisco per rielaborare il mio percorso negli anni, e quasi mi convinco di aver raggiunto comunque una piccola consapevolezza.
Ho passato gli anni delle foto alle cose. Dei dettagli sfocati.
Ho passato gli anni delle foto motoristiche.
Ho passato gli anni della passione per i luoghi abbandonati.
Ho passato gli anni delle foto di strada (intendo quelle inutili ai passanti).
Ho passato gli anni del covid.
Ho capito quanto fosse importante capire cosa raccontare con la fotografia.
Ho capito quanto è importante ragionare prima di scattare.
Ho capito quanto è difficile.

Questo non vuol dire assolutamente niente, ma per me vale come un assaggio della consapevolezza, almeno un pezzettino.
E deve far si che sia da stimolo ad approfondire ulteriormente.
E per voi che cos’é la consapevolezza in fotografia?

Una replica a “Quella cosa chiamata Consapevolezza”

  1. In linea di massima, la stessa cosa che pensi tu. La consapevolezza è la scelta di cosa fotografare, cosa cestinare, cosa tenere e perché…

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